Si può essere licenziati per uso personale di Internet sul lavoro?
I lavoratori subordinati hanno l’obbligo di dedicarsi al proprio lavoro per tutta l’arco dell’orario lavorativo, seguendo le istruzioni del datore di lavoro e svolgendo i compiti con la massima cura. Durante l’orario di lavoro, un dipendente che si distrae navigando su Internet rischia di non adempiere ai suoi doveri.
Usare internet per scopi personali durante l’orario di lavoro costituisce una violazione degli obblighi contrattuali. Alcune aziende stabiliscono queste regole attraverso policy interne o regolamenti informatici, che spesso vietano l’uso dei social o ne limitano l’uso a brevi pause, a condizione che non interferisca con il lavoro.
Nella maggior parte dei casi, l’utilizzo di Internet per scopi personali durante l’orario di lavoro è considerato una violazione disciplinare.
Ma può portare al licenziamento?
Secondo la legge italiana, la sanzione disciplinare deve essere proporzionata alla gravità dell’infrazione. Navigare sui social per pochi minuti non è paragonabile a passare ore su Internet per motivi personali. Tuttavia, in situazioni gravi, il datore di lavoro può procedere con il licenziamento per giusta causa, se l’infrazione è così grave da impedire la continuazione del rapporto di lavoro.
Infatti, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento di una dipendente che aveva passato più tempo su Internet che a lavorare. La cronologia del suo computer dimostrava un uso eccessivo per scopi personali, ben oltre il tollerabile.
Un’altra sentenza del Tribunale di Bari ha giudicato legittimo il licenziamento di una dipendente che, durante l’orario di lavoro, utilizzava il cellulare aziendale per accedere al proprio profilo Facebook e svolgere attività non autorizzate. La dipendente condivideva anche informazioni riservate con concorrenti dell’azienda, violando gravemente i doveri di correttezza e buona fede.
Il comportamento dei lavoratori su Internet ha portato a una serie di altre sentenze. Per esempio, la Cassazione ha giudicato legittimo il licenziamento di un dipendente che aveva pubblicato commenti offensivi sul datore di lavoro su Facebook, violando così l’obbligo di fedeltà. Un’altra sentenza ha confermato il licenziamento di un lavoratore che, durante un’assenza per malattia, aveva postato foto mentre suonava a un concerto, dimostrando di non essere malato. In conclusione, l’uso di Internet per scopi personali sul lavoro può comportare sanzioni disciplinari e, nei casi più gravi, il licenziamento. Tuttavia, i datori di lavoro devono rispettare le norme sulla protezione dei dati e sulla privacy quando raccolgono prove per contestare comportamenti scorretti dei dipendenti.